Da dove nasce l'amore degli inglesi per la campagna?
- Laura Mattei
- 27 mag 2024
- Tempo di lettura: 11 min
Aggiornamento: 8 giu 2024

La campagna occupa sicuramente un posto speciale nel cuore degli inglesi.
In pieno XXI secolo, questo luogo idilliaco, fatto di verdi colline ondulate, panorami mozzafiato, cottage fatati e villaggi da cartolina, ha ancora il potere di ispirare l’immaginario collettivo e muovere corde profonde in un paese saldamente proiettato nel futuro, ma anche ricco di contraddizioni. Una nazione in cui l’area metropolitana più grande e tecnologicamente all’avanguardia d’Europa coesiste con migliaia di villaggi, piccole città medievali e tradizioni di origine feudale che altrove suonerebbero come totalmente anacronistiche e fuori luogo.

Mind The Gap - Un'anomalia tutta inglese
L’amore degli inglesi per la campagna è un fenomeno che incuriosisce proprio per la sua evidente anomalia rispetto alle dinamiche sociali prevalenti in altri paesi. Questa connessione profonda, quasi ancestrale, tuttora fortemente radicata in larghi strati della popolazione indipendentemente da fattori di natura economica, geografica e sociale, rappresenta infatti una peculiarità tutta britannica che trova pochi riscontri nel resto del mondo, non solo occidentale.
In un certo senso, non si può dire veramente di conoscere l’Inghilterra se non si comprende il legame che ancora esiste fra larghe fasce della popolazione inglese e il mondo rurale.
Un aneddoto contenuto in un articolo dal titolo emblematico “Perché’ (noi inglesi) vogliamo tutti vivere in campagna?” scritto da Mark Edges, direttore di Country Life, la prestigiosa rivista che da piu’ di 120 anni rappresenta la voce più autorevole del mondo della campagna inglese, esemplifica in modo perfetto questa evidente diversità culturale.
Racconta Edges che, durante un pranzo all’ambasciata del Giappone, uno dei suoi ospiti gli spiegò quanto fosse difficile per il governo nipponico convincere i suoi concittadini a lasciare le metropoli sempre più sovraffollate per trasferirsi in zone di campagna: “Tutti vogliono abitare a Tokyo o a Osaka” avrebbe detto il diplomatico, aggiungendo “Che cosa fa il vostro governo per convincere i cittadini a lasciare le città?” La risposta di Edges fu illuminante: “Io gli ho spiegato che in UK succede il contrario, perché qui da noi l’aspirazione delle persone è proprio vivere in campagna. Un trasferimento in una zona rurale è visto generalmente come un segno di successo. Il desiderio di una vita in campagna è una componente costitutiva della nostra nazione, ma questo non succede in altri paesi come, ad esempio, in Francia e in Italia. Paradossalmente, le uniche persone che sembrano aspirare veramente a vivere nella campagna francese o italiana sono proprio gli inglesi.”
Venendo da una regione che viene spesso definita ‘Chiantishire’ proprio per l’alto numero di inglesi che hanno comprato casa nelle zone più belle della campagna toscana e umbra (tra cui spiccano i cantanti Sting e Ed Sheeran e il famoso attore Colin Firth) come posso dar torto a queste affermazioni?

Cosa dicono le statistiche?
Anche i dati statistici supportano le parole di Edges.
In un sondaggio condotto qualche anno fa proprio per la rivista Country Life, l’80% del campione interrogato ha indicato nella campagna il contesto ideale in cui vivere, contro un striminzito 10% che ha detto di preferire le zone suburbane, un misero 6% le città e il 4% che non ha saputo esprimere una preferenza. Alla domanda diretta ‘Se potessi, ti trasferiresti a vivere in campagna?’, il 60% ha risposto di sì.
Il sondaggio risale a diversi anni prima del COVID, quindi non è stato influenzato dall’esperienza traumatica del lockdown, che ha portato in molti paesi a una rinnovata popolarità dei centri residenziali più piccoli a scapito delle grandi città, ed è suffragato da decine di studi, ricerche ed analisi sociologiche che negli anni hanno confermato in modo inequivocabile come l’ideale idilliaco della vita rurale continui ancora a rappresentare il sogno nel cassetto dell’inglese medio.
Questo, nonostante la ‘fuga in campagna’ non sia propriamente un sogno alla portata di tutti a causa del sovrapprezzo che in UK si paga mediamente, a parità di tipologia di casa, per il ‘privilegio’ di vivere in un villaggio, in un cottage o in un contesto prevalentemente rurale.
Anche questo dato, certificato da tutte le analisi sui valori degli immobili in UK degli ultimi decenni, è una conferma di quanto affermato da Mark Edges nel suo articolo, e cioè che
andare a vivere in campagna viene visto oggi in Inghilterra come uno segno di avanzamento e un traguardo a cui aspirare, in parte anche per lo ‘status’ sociale che comporta.
I risultati del sondaggio di Country Life, assolutamente impensabili in Italia, Francia o Germania, non significano però che l’80% degli inglesi viva in campagna – anzi, semmai è vero il contrario, anche se la tendenza di fondo è verso un lento ma costante riequilibrio a favore delle zone rurali.
Secondo l’interessante documento sull’Inghilterra Rurale pubblicato a marzo del 2023 dal Ministero UK per l’Ambiente, le Risorse Alimentari e le Politiche Rurali, su un totale di 56,6 milioni di residenti in Inghilterra nel 2020, 9,7 milioni vivevano in zone classificate come rurali (17,1%), e, di questi, 4,7 milioni abitavano in villaggi di campagna o in ‘hamlets’, cioè frazioni piu’ piccole o sparse non classificabili come villaggi.
Per capire come questi numeri si rapportano al sondaggio di Country Life, è necessario analizzare piu’ attentamente i flussi di migrazione interna dalle città verso le zone di campagna che si sono verificati in Inghilterra negli ultimi decenni.
Secondo lo studio del ministero, la popolazione delle zone rurali inglesi è aumentata di 600 mila unità tra il 2011 e il 2020, passando da 9,1 milioni a 9,7 milioni, e la tendenza di lungo periodo è chiaramente verso uno spostamento dalle aree urbane a zone prevalentemente rurali.
Un fenomeno che, ancor più sorprendentemente, sembra interessare tutte le fasce di età, con la sola esclusione di quella compresa tra i 17 e i 20 anni, cioè quelle dei giovani che si trasferiscono a vivere in città per studiare nelle università o iniziare la carriera lavorativa.

Da dove nasce l'amore degli inglesi per la campagna?
Se, dunque, le statistiche e i sondaggi parlano chiaro, viene allora da chiedersi: da dove nasce questo continuo rapporto d’amore tra gli inglesi e la campagna? Quali sono le ragioni che spiegano questo fenomeno così singolare nel contesto occidentale e perché continua a essere così diffuso nel 2024?
La risposta a queste domande è ovviamente complessa e coinvolge una serie di fattori di natura storica, culturale e sociologica.
Quella che segue è una riflessione frutto delle mie ricerche, di tante letture e della mia esperienza diretta di vita nella campagna inglese, e non ha ovviamente la pretesa di rappresentare un’analisi completa e accurata di un fenomeno tanto articolato e multiforme. Se avete altre informazioni, o opinioni diverse che aiutino a capire le radici di questo fenomeno sociale così interessante, vi prego di condividerle nella sezione commenti di questo blog.
Un dato certo è che, per molti inglesi, la campagna è la Gran Bretagna come dovrebbe essere:
un'area piena di fiori e giardini colorati, aree naturali protette, pub tradizionali con tavoli di quercia, poltrone in pelle e camini scoppiettanti, cani, cavalli e animali selvatici, giubbotti di tela cerata, stivali di gomma (gli onnipresenti wellies), graziose cittadine medievali e villaggi pittoreschi, un posto in cui è possibile condurre un’esistenza tranquilla a contatto con la natura e rilassarsi.

Le origini storiche
La cosa più interessante è che questa visione un po’ idealizzata della campagna ha origini sorprendentemente recenti.
Più che al periodo medioevale e al mondo feudale, che pure hanno lasciato tracce importanti nella società e nella legislazione inglese a partire del concetto stesso di proprietà,
l’immagine che tutti abbiamo in mente oggi della campagna inglese deve la sua popolarità soprattutto al movimento culturale e letterario di ispirazione romantica emerso in Inghilterra alla fine del Settecento come reazione agli effetti piu’ deleteri della Rivoluzione Industriale.
Questo processo di tumultuosa trasformazione socioeconomica iniziato alla fine del XVII secolo e letteralmente esploso nel XVIII e XIX secolo, pose da un lato le basi per la nascita e l’espansione dell’Impero britannico, ma produsse anche un violento spopolamento e stravolgimento delle campagne, la nascita del proletariato urbano e l’emergere di condizioni di vita e lavoro disumane, spesso peggiori della pur aspra vita dei campi.
Il movimento culturale che nacque per contestare le storture della società vittoriana e la distruzione della cultura rurale tradizionale inglese identificò proprio nel ritorno ai valori semplici della campagna l’antidoto migliore contro la miseria dei bassifondi degradati e fumosi delle grandi città industriali e gli orrori della vita in miniera.
Accanto a romanzieri come Charles Dickens, che concentrò la sua opera di denuncia contro la povertà diffusa e la rigida stratificazione della società vittoriana, scrittori come Thomas Hardy, autore del celebre ‘Via dalla Pazza Folla’ (Far From the Madding Crowd), George Eliot, pseudonimo letterario di Mary Ann Evans, e le sorelle Bronte, designer di successo come William Morris e il movimento Arts and Crafts, paesaggisti come John Constable and J.M.W. Turner, poeti come William Wardsworth, Samuel Taylor Coleridge e William Blake, che nel 1808 scrisse quello che ancora oggi è considerato l’inno ufficioso della campagna inglese, la bellissima poesia ‘Jerusalem’, divennero gli alfieri di questo potente grido di ribellione contro il degrado dell’industrializzazione di massa, e con le loro opere posero le basi per quel rilancio di popolarità della vita rurale di cui si avvertono ancora oggi gli effetti nella psicologia e nell’immaginario collettivo inglese.
L’idealizzazione della campagna come l’essenza più profonda ed autentica dell’identità inglese iniziata nel periodo vittoriano è poi proseguita senza sosta anche nel XX secolo.
È impossibile elencare qui tutti gli autori, i registi, i poeti e i pittori che, nel corso degli ultimi 120 anni hanno celebrato lo spirito della campagna inglese, ambientato le loro opere in villaggi o società agricole o ispirato parte del loro messaggio agli ideali della vita rurale – da Tolkien a Roald Dahl, da Beatrix Potter ad Agatha Christie e, più recentemente, Ronald Blythe, giusto per citare alcuni dei nomi più noti.
A questi contributi letterari e artistici si è poi aggiunto il nuovo filone della conservazione del patrimonio naturale e culturale, che ha vissuto un momento decisivo con la nascita nel 1895 del National Trust, la cui missione è, ancora oggi, quella di preservare e valorizzare residenze storiche, parchi, giardini, monumenti e luoghi naturali di incomparabile bellezza, la maggioranza dei quali si trova proprio in campagna.
Il fatto che, con 5,7 milioni di membri, il National Trust sia oggi la seconda organizzazione per numero di iscritti in UK dopo l’Unione degli Studenti e la più grande associazione volontaria di tutela del patrimonio storico e ambientale d’Europa, è un’ulteriore prova di quanto l’amore per la natura e la campagna sia profondamente radicato nel cuore e nella psiche degli inglesi.

Un amore trasversale
Questo perdurante legame con la vita rurale, non è, tra l’altro, limitato ad un particolare segmento delle società inglese ma si estende a tutte le classi sociali, incluse quelle più elevate, l’aristocrazia e la stessa Casa Reale.
Più che altrove in Europa e nel mondo occidentale, la nobiltà e la classe dirigente britannica, è legata in modo indissolubile alla campagna.
Duchi, conti e marchesi, i cui titoli ancora oggi hanno valore legale (seppur declinante) nella società e nel sistema legale inglese, ed esponenti della borghesia terriera (la cosiddetta landed gentry) hanno tutti il loro ‘seggio’ di famiglia (il family seat o, piu’ semplicemente, seat) in una residenza di campagna – in alcuni casi, addirittura in un castello, come ad esempio il Duca di Norfolk ad Arundel, nella contea del Sussex Occidentale, che vi consiglio vivamente di visitare. Highclere Castle, location della celeberrima serie Downtown Abbey, è tuttora il family seat del Conte e della Contessa di Caernavorn i quali, al pari del Duca di Norfolk e di centinaia di altri aristocratici, membri del governo, attori, calciatori, cantanti e imprenditori di successo, preferiscono trascorrere lunghi periodi nelle loro residenze di campagna piu’ che in lussuosi attici nel centro di Londra.
Basta girare nei piccoli cimiteri delle parrocchie di campagna (parish church) per scoprire decine e decine di tombe di esponenti dell’aristocrazia, della borghesia, della politica e della cultura inglesi, che hanno preferito questi pittoreschi luoghi di sepoltura sperduti nel nulla ai grandi cimiteri cittadini.
Un esempio per tutti – Winston Churchill, uno dei più grandi statisti mondiali del XX secolo, riposa in una semplice tomba scavata nel terreno nel cimitero rurale di Bladon, un minuscolo hamlet dell’Oxfordshire Cotswolds vicino a Blenheim Palace, il maestoso palazzo della sua famiglia paterna (i duchi di Marlborough), nonostante l’offerta della Regina e del Governo di essere sepolto nell’Abbazia di Westminster accanto ai grandi della nazione inglese.
Quando ho visitato la tomba di Churchill qualche anno fa, così come, più recentemente, quella del celebre Maresciallo Bernard Montgomery (l’eroe di El Alamein e dello sbarco in Normandia) nel piccolo cimitero di Binsted, un villaggio a pochi chilometri dal mio qui in Hampshire, la cosa che più mi ha colpito in entrami i casi è proprio la loro semplicità e il contesto assolutamente anonimo, seppur molto suggestivo e rurale. E, al pari di due dei principali eroi inglesi della Seconda Guerra Mondiale come Churchill e ‘Monty’, centinaia di figure di spicco della storia britannica anche recente hanno deciso di fare una scelta simile.
Questa situazione non trova riscontro altrove: in Francia, in Germania ma anche in Italia, la campagna è da sempre associata al mondo contadino piu’ che all’aristocrazia o agli statisti; questi ultimi, solitamente vivono in quartieri esclusivi delle città e vengono seppelliti in cimiteri monumentali o in lussuose tombe di famiglia, non in modeste tombe interrate in oscuri paesini delle regioni rurali.

Il ruolo della Famiglia Reale
Anche la Casa Reale britannica ha giocato un ruolo fondamentale in questo processo di rinascita della campagna inglese iniziato a metà dell’Ottocento.
La Regina Vittoria e il marito Albert furono i primi reali ad avviare la moda delle vacanze in campagna con l’acquisto delle tenute di Balmoral in Scozia e di Sandringham in Norfolk, ancora oggi due tra le residenze più amate dagli esponenti della famiglia reale.
Il rapporto quasi simbiotico tra reali inglesi e campagna è proseguito senza sosta anche dopo la morte di Vittoria e del suo consorte tedesco, e ha trovato la sua sublimazione nell’amore mai nascosto per la vita rurale, i cavalli e le tenute di campagna della compianta Regina Elisabetta II, di suo marito, il Duca di Edimburgo e di suo figlio, l’attuale Re Carlo III. Quest’ultimo ha considerato per anni la residenza di Highgrove, nel cuore dei Gloucestershire Cotswolds, la sua abitazione prediletta e ha trasformato il Ducato di Cornovaglia, il titolo che spetta di diritto all’erede al trono britannico e che comprende vaste tenute in tutto il Regno Unito, in un modello di agricoltura biologica e sostenibile.
Re Carlo III è noto per la sua passione per la vita semplice di campagna, la sua rispettosa attenzione alle tradizioni rurali e la sua vasta competenza in materia agricola, alimentare e zoologica.
Il miele e la marmellata biologici che ho comprato qualche mese fa nello shop della sua tenuta di Highgrove durante la mia ultima visita nei Cotswolds erano decisamente ottimi…

Cosa amano gli inglesi della campagna?
Chiarito dunque quando l’amore odierno degli inglesi per la campagna ha cominciato a svilupparsi e quali sono le sue ragioni storiche e culturali, resta da chiedersi quali aspetti della vita rurale sono maggiormente amati dai sudditi di Sua Maestà al giorno d’oggi.
Anche in questo ci si può affidare al risultato di un sondaggio. Secondo l’azienda di abbigliamenti per la campagna A Hume, tra i 10 mila cittadini interrogati proprio su questo tema,
il 52% degli inglesi pone al primo posto tra le ragioni del proprio amore per la campagna la pace e la tranquillità che solo la vita rurale è in grado di regalare.
A breve distanza, seguono la bellezza del paesaggio (45% del campione) e la possibilità di vivere a contatto con la natura e la fauna selvatica (33,8%). La presenza dei pub tradizionali di campagna piace al 25,1%, la mancanza di traffico al 17,1% e la qualità del cibo ‘a km zero’ al 16,9%.
Vivendo ormai da diversi anni in un villaggio della campagna inglese nel cuore di uno dei parchi nazionali più scenografici del Regno Unito, in cui il traffico è limitato, c’è abbondanza di pub tradizionali che servono ottimo cibo cucinato con prodotti freschi locali, e la tranquillità è regola di vita quotidiana, non posso che condividere i risultati di questo sondaggio.

Perché IO amo la campagna inglese
Personalmente, mi sentirei di aggiungere a questo elenco, che condivido in pieno, solo un paio di motivi in piu’ per spiegare il MIO amore per la campagna inglese: la possibilità di camminare nell’infinita rete di sentieri, ippovie e diritti pubblici di passo (un’altra caratteristica tipicamente inglese di cui approfondirò le origini storiche in un altro blog) che attraversano da nord a sud l’Inghilterra e la rendono un autentico paradiso per i camminatori, e lo stile di vita che ancora caratterizza questo mondo così affascinante. Un tema molto vasto quest’ultimo, che sarà sicuramente al centro di tanti miei futuri contenuti su questo canale.
Insomma, considerato tutto questo, non è forse poi così strano che gli inglesi continuino ad amare così tanto la loro bellissima campagna.
Da italiana di origine e cittadina inglese di adozione, non posso che condividere questa passione, che è anche il motivo ispiratore di questo canale.
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